Quella scritta sui fagioli in scatola ti sta ingannando da anni, scopri come difenderti e scegliere prodotti davvero sicuri

Quando si afferra una scatola di fagioli dallo scaffale del supermercato e si legge “confezionato in Italia”, quella dicitura racconta davvero tutta la storia? Nella maggior parte dei casi, quella frase indica solo il luogo in cui il prodotto è stato lavorato e inscatolato, non dove i legumi sono stati coltivati. Questo è consentito da la normativa europea sull’etichettatura, che distingue chiaramente tra luogo di trasformazione e origine dell’ingrediente primario.

La questione della provenienza geografica dei fagioli in scatola rappresenta uno dei punti più critici e meno compresi dell’etichettatura alimentare. Parliamo di un prodotto consumato regolarmente da molte famiglie, spesso considerato un’alternativa pratica e nutriente anche per l’alimentazione dei bambini, ma su cui le informazioni al consumatore restano parziali o poco chiare.

La differenza tra origine e confezionamento: cosa dice la normativa

Il primo aspetto da chiarire riguarda le regole europee sull’etichettatura. Per gli alimenti trasformati come i legumi in scatola, l’indicazione del paese di origine o luogo di provenienza è obbligatoria solo in alcuni casi specifici, ad esempio per carni di determinate specie, miele, olio d’oliva, frutta e verdura fresche, ma non è prevista in modo generalizzato per tutti gli ingredienti trasformati.

Nel 2018 è entrato in vigore un regolamento che impone indicazioni aggiuntive quando il paese di origine dichiarato sul fronte, come Italia, non coincide con quello dell’ingrediente primario. Tuttavia questo non obbliga automaticamente a specificare il singolo paese di coltivazione per ogni ingrediente, ma consente anche indicazioni generiche come “UE”, “non UE” o “UE e non UE”.

Risultato: un prodotto coltivato in paesi extraeuropei può riportare in evidenza solo la sede dello stabilimento italiano dove è stato inscatolato, se non vengono fatte altre rivendicazioni di origine, lasciando di fatto il consumatore senza un’informazione precisa sulla coltivazione. Questo è perfettamente conforme alla legge, ma può generare nel consumatore una percezione fuorviante sull’italianità complessiva del prodotto.

Questa situazione, pur legale, crea un cortocircuito informativo particolarmente problematico per chi acquista alimenti destinati ai più piccoli, perché molti genitori associano la provenienza italiana o europea a standard di produzione più controllati.

Perché l’origine geografica dovrebbe interessarvi davvero

La provenienza dei fagioli non è un dettaglio trascurabile per almeno tre ragioni che possono avere ricadute sulla sicurezza e sulla qualità nutrizionale degli alimenti.

Standard di coltivazione diversi

I paesi extraeuropei applicano normative fitosanitarie e sull’uso dei pesticidi diverse rispetto all’Unione Europea. L’UE adotta il principio di precauzione e limiti massimi di residui in genere più restrittivi rispetto a molte altre giurisdizioni.

Numerosi principi attivi sono vietati o non più autorizzati in UE ma tuttora utilizzati in alcuni paesi terzi, come mostrano le valutazioni periodiche dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare. Va precisato che, anche per i prodotti importati, l’UE effettua controlli ufficiali ai confini e sul mercato interno per verificare il rispetto dei limiti massimi di residui stabiliti a livello europeo.

Varietà e caratteristiche nutrizionali

Non tutti i fagioli sono uguali: diverse specie e cultivar, come fagiolo borlotto, cannellino, navy bean o black bean, hanno profili nutrizionali leggermente differenti per contenuto in proteine, fibre, micronutrienti e fattori antinutrizionali.

Queste differenze dipendono sia dalla genetica della varietà sia da fattori ambientali come suolo, clima e tecniche colturali. Per l’alimentazione infantile, l’apporto di proteine, ferro, zinco e fibre, così come la presenza di fattori antinutrizionali come fitati e lectine e il modo in cui vengono ridotti con ammollo e cottura, sono elementi pertinenti.

Varietà diverse e diversi sistemi colturali possono portare a composizioni nutrizionali non identiche, e sapere che cosa si sta comprando aiuta a fare scelte informate.

Tempi e modalità di conservazione

I legumi secchi destinati all’industria conserviera possono essere stoccati per mesi e, se provengono da altri continenti, restare a lungo in magazzini e container prima della trasformazione. Tempi di stoccaggio prolungati e condizioni non ottimali, come umidità elevata e temperatura inadeguata, sono fattori di rischio per lo sviluppo di micotossine, in particolare aflatossine e ocratossina A.

Le micotossine sono termostabili e non vengono eliminate completamente dalla normale cottura o sterilizzazione, motivo per cui l’UE stabilisce limiti massimi per la loro presenza nei prodotti alimentari e richiede controlli sui lotti, inclusi quelli importati.

Logistica, condizioni di stoccaggio e durata della conservazione influenzano il rischio di sviluppo di micotossine e di deterioramento qualitativo, e questo è un punto su cui le autorità di controllo concentrano specifici monitoraggi.

Come decifrare realmente le etichette

Diventa quindi essenziale sviluppare una lettura critica delle confezioni. Alcuni produttori indicano volontariamente in modo distinto l’origine della materia prima, come “fagioli coltivati in Italia” o “origine UE/non UE”, e il luogo di trasformazione, come “lavorato/confezionato nello stabilimento di” seguito dalla località italiana.

Dopo l’entrata in vigore delle normative del 2018, se l’etichetta o il marchio suggeriscono un’origine tramite bandiera o richiami geografici diversa da quella dell’ingrediente primario, il produttore deve indicare il paese dell’ingrediente primario oppure specificare che esso è “diverso” rispetto all’origine evocata.

L’assenza di indicazioni specifiche sull’origine agricola non significa automaticamente che il prodotto sia di bassa qualità, ma segnala che il consumatore dispone di meno informazioni. Molte aziende che utilizzano materia prima italiana o europea mettono in evidenza questo elemento come leva commerciale, con diciture come “100% fagioli italiani” o “origine UE”, proprio perché percepito come valore aggiunto.

Le alternative per un acquisto consapevole

Per chi desidera maggiore controllo sulla provenienza dei legumi destinati alla propria famiglia, esistono alcune strategie supportate dal quadro normativo.

  • Privilegiare, quando possibile, i legumi secchi: per gli ortofrutticoli freschi e per molti prodotti vegetali non trasformati, l’UE richiede l’indicazione del paese di origine, dando al consumatore un’informazione immediata sulla provenienza
  • Verificare le certificazioni: schemi come DOP, IGP e STG, così come certificazioni private di filiera come “100% italiano” o “filiera controllata”, prevedono disciplinari che specificano l’area geografica di produzione e spesso la tracciabilità completa della materia prima
  • Considerare i prodotti biologici certificati: la normativa sull’agricoltura biologica stabilisce requisiti più stringenti sull’uso di pesticidi di sintesi e fertilizzanti, indipendentemente dal paese di produzione

Il valore della richiesta di trasparenza

Ogni volta che si scelgono prodotti con etichette chiare sull’origine della materia prima, si contribuisce a creare una domanda di mercato per maggiore trasparenza. Gli studi sul comportamento del consumatore in Europa indicano che l’origine geografica è uno dei fattori più citati come importante al momento dell’acquisto di alimenti, insieme a prezzo, sicurezza e gusto.

Più i consumatori manifestano interesse e premiano con i loro acquisti i prodotti con indicazioni complete di origine, più le aziende hanno incentivo economico a rendere volontariamente più dettagliata l’etichettatura, anche prima di eventuali futuri obblighi normativi.

La questione dei fagioli in scatola è un esempio di un problema più ampio che riguarda molti prodotti trasformati: l’asimmetria informativa tra industria e consumatore. Saper leggere criticamente le etichette, conoscere a grandi linee il quadro normativo e, quando necessario, chiedere chiarimenti ai produttori sono strumenti concreti per tutelare la salute della propria famiglia e per promuovere standard più elevati nell’intera filiera alimentare.

Controlli dove sono coltivati i fagioli prima di comprarli?
Sempre leggo tutto
Solo se per bambini
Mi fido del Made in Italy
Basta che siano biologici
Mai pensato fosse importante

Lascia un commento