L’ansia per il futuro dei propri figli adolescenti è una delle esperienze più comuni e intense che un genitore possa attraversare. La preoccupazione per le scelte scolastiche, le frequentazioni e il rischio di errori è assolutamente comprensibile, ma quando la protezione diventa eccessiva e il controllo costante, rischiamo di costruire una gabbia dorata che ostacola proprio quello che vorremmo favorire: lo sviluppo dell’autonomia.
Nella letteratura sullo sviluppo e sulle dinamiche familiari viene fatta una distinzione importante: da un lato c’è la preoccupazione genitoriale funzionale, che sostiene e protegge in modo equilibrato, dall’altro ci sono forme di ansia genitoriale disfunzionale e di overparenting, cioè un coinvolgimento eccessivo e controllante che finisce per soffocare l’indipendenza dei ragazzi.
La ricerca mostra chiaramente che l’overparenting è associato a minore autonomia, più ansia e minore capacità di gestione delle difficoltà nei figli giovani adulti. Ogni volta che interveniamo continuamente, rischiamo di comunicare implicitamente un messaggio devastante: “Non credo che tu sia capace di farcela da solo”. Il paradosso è evidente. Numerosi studi collegano l’autonomia e il supporto all’autonomia da parte dei genitori a migliori esiti di adattamento, motivazione e benessere nei figli, mentre uno stile controllante alimenta ansia e riduce la resilienza.
Il cervello adolescente impara dall’esperienza
Le neuroscienze dello sviluppo ci mostrano che l’adolescenza è una fase di profonda riorganizzazione cerebrale, in particolare a livello della corteccia prefrontale coinvolta nel giudizio, nella pianificazione e nel controllo degli impulsi. Questi circuiti maturano attraverso l’esperienza: prendere decisioni, sperimentare conseguenze, correggere il tiro.
Il processo di rafforzamento delle connessioni neurali avviene in relazione all’uso e all’esperienza, non solo attraverso istruzioni verbali o lezioni teoriche. Quando impediamo sistematicamente ai nostri figli di sperimentare e sbagliare, riduciamo le occasioni di quella palestra cognitiva ed emotiva che facilita lo sviluppo di capacità di problem solving in situazioni reali, resilienza emotiva di fronte alle difficoltà , senso di autoefficacia basato su successi autentici e capacità di tollerare incertezza e ambiguità .
I segnali dell’ipercontrollo ansioso
Gli studi su ansia genitoriale e overparenting mostrano che spesso i genitori non sono consapevoli del grado di controllo che esercitano, pur essendo mossi dalle migliori intenzioni. Intervenire prima ancora che chiedano aiuto, proponendo sistematicamente soluzioni ai loro problemi scolastici o relazionali, può ridurre il senso di competenza dei figli e aumentare dipendenza e ansia.
Orientare le loro scelte solo verso la sicurezza economica, ignorando in modo rigido interessi e motivazioni intrinseche, può ostacolare la costruzione di un’identità vocazionale e aumentare il rischio di insoddisfazione e abbandono negli studi universitari. Monitorare costantemente ogni aspetto della loro vita, trasformando l’attenzione in sorveglianza di voti, messaggi e uscite, è associato a maggior conflitto e a minore fiducia reciproca, soprattutto durante l’adolescenza.
Dalla preoccupazione alla presenza consapevole
La soluzione non è eliminare la preoccupazione, che è parte integrante di una genitorialità responsabile, ma trasformarla in una forma di accompagnamento che favorisca autonomia e competenza. La psicologa Wendy Mogel ha descritto l’importanza di permettere ai figli di affrontare difficoltà proporzionate alla loro età , benedicendo il viaggio piuttosto che costruendo loro una strada senza ostacoli.

Praticare il dialogo invece dell’interrogatorio fa una differenza enorme. Passare da domande di controllo come “Hai studiato?” a domande esplorative come “Come ti senti rispetto a quella materia?” migliora la regolazione emotiva e la qualità della relazione genitore-figlio. Condividere in modo equilibrato le proprie esperienze di errore può normalizzare il fallimento come parte del percorso di apprendimento e ridurre il perfezionismo disfunzionale, che è collegato a sintomi ansiosi e depressivi negli adolescenti.
Distinguere tra conseguenze pericolose e conseguenze formative è essenziale. Occorre intervenire immediatamente in presenza di condotte ad alto rischio come guida in stato di ebbrezza, uso di sostanze o violenza, mentre conseguenze moderate e proporzionate, come un brutto voto dopo poco studio, possono essere utilizzate come occasione educativa per rafforzare responsabilità e autoregolazione.
La relazione come bussola, non come mappa
Il ricercatore John Gottman ha mostrato che i genitori che validano le emozioni dei figli, li aiutano a nominarle e le utilizzano come opportunità di connessione crescono ragazzi con migliore regolazione emotiva e competenze sociali più solide. Questi genitori non eliminano i problemi dalla vita dei figli, ma costruiscono una relazione sufficientemente sicura perché, in caso di difficoltà , i ragazzi sentano di poter tornare a chiedere aiuto.
Questo corrisponde al concetto di base sicura, secondo cui la disponibilità emotiva del genitore permette all’adolescente di esplorare il mondo mantenendo un ancoraggio relazionale. In quest’ottica, il genitore è più una bussola che una mappa: offre direzioni di valore e presenza, ma non un tracciato rigido e predefinito. Gli studi sull’attaccamento in adolescenza indicano che una base sicura favorisce esplorazione autonoma, migliore adattamento scolastico e minor rischio di comportamenti pericolosi.
Accettare l’incertezza come componente ineliminabile della genitorialità in adolescenza significa riconoscere che non è possibile garantire esiti giusti o privi di errore, ma che la fiducia nelle capacità dei figli, supportata da una presenza stabile, è un fattore protettivo per il loro sviluppo di lungo periodo.
Prendersi cura di sé per prendersi cura meglio
L’ansia genitoriale può essere alimentata da vulnerabilità personali del genitore, come storia di ansia, perfezionismo o difficoltà identitarie. Un’elevata ansia nei genitori è associata a maggior probabilità di ansia nei figli, sia per fattori genetici sia per modalità di interazione eccessivamente protettive.
Coltivare interessi personali, mantenere relazioni significative al di fuori del nucleo familiare e, quando necessario, rivolgersi a un professionista per elaborare le proprie paure non è egoismo, ma un investimento sulla qualità della relazione genitore-figlio. La letteratura sul benessere genitoriale indica che genitori con maggior soddisfazione personale e supporto sociale mostrano relazioni più calde e meno conflittuali con i figli.
Ragazzi che vedono genitori capaci di mantenere spazi di autonomia e cura di sé apprendono che crescere non significa abbandonare i legami, ma trasformarli in relazioni tra individui differenziati, con reciproca autonomia. Il compito più complesso dell’amore genitoriale in adolescenza è proprio questo: offrire protezione dove il rischio è realmente alto, ma al tempo stesso permettere ai figli di sperimentare, sbagliare e rialzarsi, restando disponibili come base sicura. È così che si favorisce lo sviluppo di adulti autonomi, competenti e capaci di affrontare le sfide della vita.
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