Quando un nonno apre la porta di casa ai nipoti, spesso spalanca anche un mondo di dolcezza, coccole e sì pronunciati con leggerezza. Quella stessa permissività che i genitori vivono come una minaccia alla loro autorità educativa rappresenta, nella mente del nonno, semplicemente un modo diverso di amare. Questo cortocircuito relazionale genera tensioni familiari profonde, ma raramente viene affrontato con la lucidità necessaria per trasformarlo in opportunità di crescita collettiva.
La radice psicologica della permissività dei nonni
Studi di psicologia evolutiva e transgenerazionale indicano che i nonni tendono a una genitorialità più indulgente, spesso descritta come parenting compensatorio. Liberati dalle pressioni quotidiane che caratterizzavano il loro ruolo di genitori – preoccupazioni economiche, responsabilità educative a lungo termine, ansie sul futuro dei figli – possono finalmente godere della relazione con i bambini in modo più leggero. Questa libertà emotiva non è un difetto caratteriale, ma una condizione strutturale che merita comprensione prima che giudizio.
Il nonno che concede il terzo biscotto o che ignora l’orario della nanna non sta deliberatamente sabotando l’educazione impartita dai genitori. Sta rivivendo una paternità o maternità “seconda”, dove il piacere della relazione prevale sulla fatica dell’imposizione. Comprendere questa dinamica rappresenta il primo passo per disinnescare il conflitto.
Quando la permissività diventa problema sistemico
Esiste però un confine sottile tra flessibilità affettuosa e cedimento educativo dannoso. I bambini, soprattutto nella fascia 3-8 anni, costruiscono la loro sicurezza interiore attraverso limiti coerenti e prevedibili. La teoria dell’attaccamento di John Bowlby sottolinea come la prevedibilità delle figure di attaccamento favorisca un attaccamento sicuro. Quando le regole mutano radicalmente tra casa dei genitori e casa dei nonni, il bambino non vive questa differenza come una piacevole vacanza dalle norme, ma come un disorientamento cognitivo ed emotivo.
La psicologa infantile Silvia Vegetti Finzi sottolinea come le contraddizioni educative sistematiche possano generare nel bambino confusione emotiva, comportamenti oppositivi o ansiosi. Il piccolo impara rapidamente a manipolare le differenze tra contesti, sviluppando quella che gli esperti chiamano “intelligenza situazionale disfunzionale”: non interiorizza le regole, ma semplicemente individua dove può aggirarle.
Le strategie concrete per armonizzare gli stili educativi
Il patto educativo esplicito
Genitori e nonni necessitano di un confronto preventivo, non condotto nell’emergenza della crisi. Un incontro in cui identificare insieme le regole non negoziabili – quelle relative a sicurezza, salute e valori fondamentali – e le aree di flessibilità, dove lo stile del nonno può esprimersi liberamente. Questo approccio richiede ai genitori di distinguere tra principi irrinunciabili e preferenze personali, esercizio tutt’altro che semplice.
La tecnica del valore aggiunto
Anziché percepire la differenza come minaccia, i genitori possono riformularla come ricchezza. Ricerche in psicologia dello sviluppo mostrano che i bambini esposti a stili educativi diversificati ma coerenti in contesti multipli sviluppano maggiore flessibilità cognitiva, empatia e competenze sociali. Il nonno che concede più libertà insegna al nipote che l’affetto può manifestarsi in forme diverse, preparandolo alla complessità delle relazioni umane.

Il linguaggio della mediazione
Le conversazioni tese richiedono formulazioni specifiche. Sostituire “Tu rovini tutto quello che costruiamo” con “Mi sento in difficoltà quando Luca torna a casa e pretende gli stessi privilegi che ha da te” trasforma l’accusa in condivisione di vissuto emotivo. Il nonno, non più sulla difensiva, può accogliere la preoccupazione senza sentirsi attaccato nella sua identità affettiva.
Il ruolo attivo del nonno nella risoluzione
Anche il nonno deve compiere un percorso di consapevolezza. Riconoscere che amare non significa concedere tutto rappresenta una maturazione relazionale significativa. Questo non implica rinunciare alla propria spontaneità, ma integrarla con una responsabilità generazionale: i nipoti non hanno bisogno solo di affetto incondizionato, ma anche di adulti coerenti che li preparino alla realtà esterna.
Alcune domande che il nonno può porsi per autovalutarsi:
- Dico sempre sì per evitare capricci o perché credo davvero sia educativo?
- La mia permissività nasce dal desiderio di essere preferito agli altri adulti?
- Sto realmente ascoltando le preoccupazioni dei genitori o le sto minimizzando?
- Quali regole posso sostenere senza tradire la mia spontaneità relazionale?
Costruire alleanze invece di trincea
La famiglia contemporanea funziona come ecosistema complesso, dove ogni membro contribuisce all’equilibrio generale. Quando nonni e genitori trasformano la competizione implicita in cooperazione esplicita, il bambino respira finalmente un’aria di coerenza affettiva. Non servono stili educativi identici, ma intenzioni condivise e rispetto reciproco.
Un nonno che chiede ai genitori “Su cosa posso essere il vostro alleato?” e dei genitori che riconoscono “Abbiamo bisogno della tua esperienza, non solo della tua disponibilità” inaugurano una stagione relazionale nuova. I bambini, osservatori acutissimi delle dinamiche familiari, assorbono questa capacità dialogica molto più di qualsiasi regola specifica.
La tensione tra generazioni non è anomalia da eliminare, ma normale frizione evolutiva da metabolizzare. Ogni famiglia trova il proprio equilibrio attraverso errori, chiarimenti e aggiustamenti continui. L’importante è mantenere aperto il canale comunicativo, ricordando che l’obiettivo comune non è dimostrare chi educa meglio, ma garantire al bambino una rete affettiva solida, dove diversità fa rima con sicurezza anziché con caos.
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